Graziella 16
Modello | Graziella 16 |
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Anno produzione | 1964 |
Freno | Contropedale |
Pneumatici |
Articolo sulla Graziella
“Quando si parla di Graziella la mente vola subito al felice periodo della nostra fanciullezza, fatto di lunghi pomeriggi d’estate, di golosi panini con la Nutella, di canzoni di Lucio Battisti che riecheggiano nell’aria e naturalmente di interminabili giri in bicicletta nel giardino pubblico, per le strade del quartiere o addirittura nel cortile di casa nostra. Ma perché ancora oggi il nome di Graziella riesce ad essere così magico? Facciamo un doveroso salto indietro nel tempo per ricostruire la storia di questa bicicletta tanto amata dalla generazione di chi era bambino più di trent’anni fa. Era il 1964 e sull’onda del boom economico che stava attraversando l’Italia con un’irrefrenabile carica d’entusiasmo, la bicicletta incominciava finalmente ad assumere un’immagine diversa da quella del mezzo di trasporto povero, persino un po’ triste ed usato da chi non poteva permettersi di più per recarsi in fabbrica o in ufficio. Su geniale progetto di Rinaldo Donzelli, la Teodoro Carnielli di Vittorio Veneto (TV) presenta in quell’anno un’assoluta novità: la Graziella, un’elegante bicicletta pieghevole destinata a rivoluzionare per oltre vent’anni il mondo delle due ruote. Appoggiata da un’intelligente campagna pubblicitaria, la Graziella incontra immediatamente i favori di una larga fascia di clienti per quella sua immagine raffinata, favorita anche dalla musicalità del suo nome gentile ed armonioso. Uno slogan dell’epoca la definisce con una punta di civetteria “la Rolls Royce di Brigitte Bardot” e il paragone con la Casa automobilistica d’Oltremanica non sarà affatto irriverente, vista la straordinaria qualità costruttiva di questa bicicletta ormai assurta a simbolo di un’epoca irripetibile.
Carta vincente della Graziella fu in primo luogo la sua straordinaria praticità. Il robusto telaio, pieghevole grazie alla cerniera centrale e all’assenza della canna orizzontale, le ruote piccole, la sella imbottita ed il manubrio ambedue sfilabili con la massima facilità ne consentivano un agile trasporto anche nell’abitacolo di un’utilitaria di piccole dimensioni. Da queste poche caratteristiche era praticamente immediato identificare la Graziella come un nuovo simbolo di libertà e di anticonformismo. Possedere una Graziella significava infatti sintonizzarsi immediatamente con il colorato spirito del tempo, all’insegna di uno stile di vita allegro e spensierato. Sulla scia di questo strepitoso successo nacquero ben presto agguerrite rivali della Graziella, che ne riproponevano la linea in chiave più essenziale e ad un prezzo decisamente inferiore. L’Atala, la Legnano, l’Aurelia Dino, la Girardengo, la Olmo, la Bianchi, la Gerbi ed innumerevoli marche meno note invasero rapidamente il mercato, contribuendo a familiarizzare tantissime persone, specie i bambini, col fantastico mondo delle due ruote. Fu così che, nel 1971, la Carnielli decise di sottoporre la Graziella ad un profondo quanto necessario re-styling, dal quale nacque una autentico miracolo di purezza di linee e di esclusività dei contenuti. “Reinventata da Carnielli”, come dicevano le pubblicità dell’epoca, la nuova Graziella si distingueva dal modello precedente per le ruote di diametro maggiorato e per un telaio di dimensioni finalmente adatte a tutte le corporature. A queste prime particolarità, si aggiungeva tutta una serie di dettagli unici, studiati appositamente dalla Carnielli per identificare a colpo d’occhio la Graziella rispetto a tutti i modelli concorrenti. Il colore, innanzitutto, che come per la serie precedente continuava ad essere il classico bianco panna o in alternativa un delizioso blu oltremare. Onde consentire all’acquirente di mantenere l’integrità dell’impeccabile verniciatura, la Carnielli forniva insieme alla Graziella un tubetto di vernice, con tanto di pennellino incorporato nel tappo, per eventuali ritocchi che solitamente interessavano il portapacchi, normalmente assai esposto ad urti e graffiature. Quest’ultimo era forse il più vistoso motivo di distinzione della Graziella: guardandolo di fianco, esso era caratterizzato da due tubi orizzontali di eguale lunghezza raccordati con un tubo piegato a semicerchio, mentre nelle imitazioni i due tubi orizzontali, di diversa lunghezza, erano uniti da un tratto dritto ottenendo così la forma di un trapezio scaleno. Il manubrio conservava la stessa slanciata forma rettangolare della serie precedente e costituiva un ulteriore caratteristica per non confondere la Graziella con le sue rivali, che solitamente ne montavano uno dalla forma trapezoidale. Persino il campanello dava alla Graziella quel tocco di classe in più: costruito in solido metallo cromato, recava una vezzosa “G” sbalzata su un esagono allungato di colore blu ed era dotato di un suono potente, che sembrava quasi sorridere tanto era gaio e squillante nel timbro. Il fanale era incorporato nel telaio tramite un pregevole scatolato in lamiera smaltata di bianco con allegre guarnizioni blu, mentre le altre marche lo avevano semplicemente fissato sul parafango anteriore e non di rado realizzato in plastica di modesta fattura. Pur così ben fatto, questo fanale aveva un grave difetto che già allora sorprendeva per la sua illogicità: rimanendo solidale al telaio, nelle curve illuminava i lati della carreggiata rendendo così la Graziella un mezzo poco consigliabile per passeggiate serali in strade non rettilinee. Incredibile a dirsi, la Graziella era anche dotata di un antifurto, non del tutto affidabile in verità, che si azionava con una chiave la cui serratura era parte integrante del telaio. Ultima ma non meno importante caratteristica, la facile quanto sicura smontabilità: dotata di un curatissimo meccanismo con leva di serraggio delle flangie, vite a brugola e dado di chiusura, la meticolosa Carnielli dava in dotazione una piccola trousse di attrezzi appositamente realizzati, da inserire in dedicate sedi del telaio onde portarli sempre con sé.
La nuova Graziella non deluse le aspettative, al punto che la sua Casa costruttrice le affiancò delle versioni speciali degne di essere ricordate in questa sede: la bizzarra Graziella Flor dalle decorazioni floreali in stile hippy, con la quale si riceveva in omaggio il 45 giri Fonit-Cetra “Io vado sul fiore…vieni anche tu…”, la sportiva Graziella Cross con cambio a cloche e lo splendido chopper Graziella Leopard, corredato da una ricca serie di accessori dedicati ma costoso quasi come un ciclomotore. Fu persino commercializzata una Moto Graziella, sempre di produzione Carnielli, pieghevole anch’essa ma che nonostante l’originalità dell’idea ebbe scarso successo per la linea alquanto disomogenea, nella quale le ruote troppo piccole mal si accordavano al manubrio eccessivamente lungo.
La lunga, grande, calda estate giovane degli anni ‘70 volgeva però al termine ed i vistosi limiti della Graziella, comuni a tutte le altre biciclette pieghevoli, incominciavano a farne dimenticare i pur notevoli pregi.
Eccessivamente pesante soprattutto in salita oltre che cronicamente priva del cambio di velocità, la Graziella mostrava pericolose instabilità ad andature relativamente veloci, che certo non si addicevano al carattere tranquillo ed un po’ snob di questa bicicletta. Ciononostante, non erano pochi i ragazzini che la utilizzavano per affrontare massacranti arrampicate, per sgommate a bici aperta o per impennate sulla sola ruota posteriore. Nel frattempo, nuovi mezzi a due ruote stavano irrompendo sul mercato: la BMX, che visse la sua breve stagione sulla scia della popolarità del film “ET l’extra-terrestre” e soprattutto la Mountain Bike, adatta a qualsiasi terreno e fornita di un eccellente cambio Shimano anche nelle versioni più economiche. Fu l’inizio del declino per la Graziella, che con la discrezione che sempre ne accompagnò l’esistenza scomparve silenziosamente dalle scene alla fine degli anni ‘80.
Oggigiorno la Graziella costituisce un ricercato oggetto di modernariato e non è da escludere un suo rilancio in chiave moderna, così come è avvenuto in tempi recenti per il monopattino. Si potrebbe allora pensare di portarla sempre con sé nel bagagliaio della propria automobile, in modo da disporre in qualsiasi momento del mezzo di trasporto ideale con cui muoversi agilmente nel convulso traffico delle nostre città. Proprio come suggeriva lo spot televisivo di oltre trent’anni fa…Per PAGINE 70:
Sergio Mannu