Collezione Motociclette

 

 

Puch 125

 

 

Modello Puch 125
Anno produzione 1970
motore monocilindrico a 2 tempi
Pneumatici  
cav 1,36
Cilindrata 48 cc

 

 

 

Un pezzo di storia

1903 – Il marchio Puch è un marchio storico, fondato dall’austriaco Johann Puch nel 1899, con sede a Graz, che esordì come industria metalmeccanica, specializzata nella produzione di biciclette.
La prima motocicletta venne prodotta già nel 1903, un monocilindrico a quattro tempi da 244 cc, e la fabbrica crebbe talmente in fretta da divenire, già prima della seconda guerra mondiale, il primo produttore austriaco di motociclette.
1923 – Nel 1923 fu realizzato il primo motore a due tempi, a cilindro sdoppiato e camera di scoppio condivisa.
Si tratta di un progetto originale e innovativo, opera dell’ingegnere italiano Giovanni Marcellina, che presenta due pistoni allineati all’interno di un unico cilindro sdoppiato, normali rispetto al senso di marcia, sorretti da un'unica biella a forma di Y, che imprimono all’albero motore un movimento rotatorio anch’esso normale rispetto al senso di marcia; una coppia conica montata sulla parte interna dell’albero trasmette la potenza direttamente ai rapporti del cambio.
I due pistoni sono alimentati da due carburatori, che, a seconda dei modelli, sono posizionati sia dietro che ai due lati del cilindro.

 

1971 – Dopo il primo anno di rodaggio già nel 1971 si cominciano a vedere i frutti di questa nuova collaborazione con affermazioni ancora più prestigiose e inequivocabili, anche grazie alle nuove moto che il reparto corse affida ai suoi piloti di punta.
A fianco delle consuete moto ufficiali, fece la sua comparsa infatti un nuovo telaio in tubi d’acciaio al cromo molibdeno, dal baricentro abbassato e in grado di migliorare sensibilmente la guidabilità della moto e le sue performance.
La particolare conformazione dei nuovi modelli, suggerì il soprannome di “bassotto” che, nell’immaginario collettivo, identifica sia i pochi modelli ufficiali che le molte repliche e/o varianti realizzati nel corso degli anni.
Pur con sensibili differenze venne confermata la scelta del telaio a doppia culla avvitata e monotrave scatolato a sezione variabile, alleggerito da tre grossi fori nella parte anteriore.
Queste nuove moto erano ulteriormente caratterizzate da una lunga marmitta che usciva bassa sotto il motore e svettava diagonalmente lungo tutto il lato posteriore destro.
La porzione di marmitta che era più vicina al terreno era protetta da una copertura in lamiera metallica ancorata alla doppia culla mediante due tubolari sagomati.

parafanghi erano ancora in acciaio cromato, ma quello davanti era montato alto; i cerchi erano in lega leggera e il nuovo serbatoio, color rosso, in fibra di vetro.
Probabilmente per una questione di peso, il comodo cavalletto centrale fu sostituito da una “stampella” sul lato sinistro.
Al fine di irrobustire la zona del cannotto di sterzo, sia sui modelli ufficiali che sulla produzione di serie, fecero la loro comparsa due tiranti diagonali che dal trave scatolato, sotto il serbatoio, scendevano ad intercettare i due tubi della doppia culla, proprio poco sopra il motore.
Quest’ultima modifica fu applicata anche ai modelli di serie in vendita al pubblico, sui quali vennero anche aggiunte due protezioni sporgenti, mediante due tubi sagomati e saldati ai due lati della doppia culla, nella sua parte più bassa.

L’altra grande novità della stagione fu un nuovissimo motore da 250 cc, derivato dall’analogo modello da cross portato in gara vittoriosamente da Leitgeb nel 1970.
Non si trattava di produzione di serie, ma di un prototipo realizzato a Graz appositamente per correre e caratterizzato da un enorme cilindro in alluminio fuso in terra ed un’innovativa testa ad alette dritte e tondeggianti.
La moto venne allestita in Italia, utilizzando un telaio di serie, e affidata a Francesco Marini per correre nel Campionato Italiano.
Marini arrivò secondo alle spalle della Ossa di Carlo Rinaldi solo per una manciata di secondi.

La Valli Bergamasche (1/2 giugno), l’appuntamento più duro di tutta la stagione, vide le Puch in prima linea, conquistare la prima piazza della classe 100 con Wagner ed il 3° posto della classe 125 con Dietrich.
Nella classe 175 il tedesco Lorenz Müller arrivò 2°, Marino Pedrali 7° e Gianluigi Sora 10°.
Dulcis in fundo, lo scatenato Heribert Dietrich vinse la classe 125, alla Sei Giorni dell’Isola di Man (20/25 settembre).
L’esperimento con cui Marini gareggiò nel Campionato Italiano non venne ulteriormente sviluppato a causa dell’inadeguatezza del basamento, troppo piccolo e fragile per poter sostenere tutta la potenza che il 250 era in grado di esprimere, anche in considerazione della lunga durata delle gare di regolarità, non paragonabile alle brevi manche delle prove da cross.
La serie di guasti al cambio indusse i tecnici di Graz ad un ripensamento generale; non potendo progettare nuovi carter più grandi dove alloggiare un nuovo cambio a sei marce più robusto, si preferì ridurre il numero dei rapporti, da sei a cinque, aumentando lo spessore di tutte le sue componenti. Contemporaneamente anche l’erogazione della potenza venne modificata per adattarla ai nuovi rapporti.
I vari test che vennero svolti nel corso della stagione diedero finalmente esito positivo e la modifica venne estesa anche alla produzione di serie, già nel corso dell’anno.1972 – Nel mondo delle corse il 1972 fu un anno molto importante per la Puch, anche a causa di una fortunata serie di circostanze.
Conclusa la Sei Giorni inglese del 1971, il Gruppo Sportivo delle Fiamme Gialle lasciò liberi, per raggiunti limiti di età, i suoi uomini migliori.
Tre di questi eccellenti piloti, Carlo Paganessi, Alessandro Gritti e Bernardino Gualdi, passarono direttamente sotto le insegne della Casa austriaca che, nel frattempo, era in grado di affidare loro delle moto eccellenti, ulteriormente migliorate e potenziate rispetto ai nuovi modelli del ’71.
Grazie al telaio alleggerito, con tubi dello spessore di soli 1,6 mm, perni e raggi in titanio, mozzi conici e carter motore in electron, serbatoio e parafanghi in plastica, la 125 di Gritti pesava solo 78 chili.
Testa e cilindro in alluminio fuso in terra richiamavano le forme del 250 di Marini: a sezione rettangolare con le alette della testa dritte e tondeggianti; un sofisticato sistema di ammissione lamellare a quattro petali di provenienza americana, permetteva al motore di raggiungere ben 22 cv e, contemporaneamente, erogare una discreta potenza già a basso regime.
La grande versatilità del motore poteva essere perfettamente sfruttata dal cambio a cinque marce, con gran risparmio di energie per il pilota.

Questo esplosivo cocktail di motori e piloti contribuì non poco ad allungare la ricca messe di vittorie che aveva sin qui collezionato la Puch.
Il mattatore fu senz’altro Alessandro Gritti, che dominò la classe 125 alla Valli Bergamasche (24/25 giugno), si classificò 2° nella classe 175 alla Sei Giorni cecoslovacca di Spindleruv Mlyn (l1/16 settembre) e coronò la stagione vincendo il campionato Italiano della classe 125, in coppia con Bernardino Gualdi, Campione Italiano della classe 175.
Pur senza grandi modifiche tecniche cambia il look delle moto di serie, con il telaio abbassato di due centimetri, color argento e serbatoio in naylon color rosso.
Differente anche la conformazione della marmitta, ad espansione schiacciata con terminale silenziato, che lasciava più spazio alla gamba del pilota.
Per tutte cambio a cinque marce, forcelle Betor, e i classici parafanghi in acciaio.
Aumentano anche le potenze dichiarate: 19 cv a 9.000 g/m con il carburatore Bing da 30 mm per il 125 e 20,5 cv a 8.000 g/m per il 175; l’affidabilità è garantita da un nuovo albero motore più robusto così come da un nuovo gruppo frizione.
All’inizio il parafango anteriore era ancora basso, ma sui modelli successivi venne montato alto.

973 – La presenza di Gritti in squadra durò solo una stagione; nel 1973 passò alla Gilera e risulta difficile pensare di cogliere gli stessi successi senza un pilota del suo calibro.
Al contrario Bernardino Gualdi fece la sua parte alla grande e si dimostrò perfettamente all’altezza di un così difficile compito.
Anche grazie ad una nuova 175 appositamente preparata per lui a Graz, ottenne i migliori risultati che un pilota potesse desiderare di raggiungere, eguagliando le incredibili performance di Gritti dell’anno precedente.
Molte le differenze fra la sua moto e quelle di serie.
La trasmissione interna era a catena e tutta l’ingranaggeria era stata pazientemente alleggerita; sella e serbatoio potevano essere rapidamente rimossi semplicemente svitando un dado del 6.
Grazie all’uso di metalli nobili e ad un’accurata pulizia di ogni sua componente, persino le forcelle erano più sottili del normale, la moto pesava meno di 80 Kg.
Nuovissimo anche il 250 affidato a Leitgeb, completamente riprogettato sia nel gruppo termico che nel basamento, dalle forme più moderne e squadrate.

La 25° edizione della Valli Bergamasche (Bratto, 23/24 giugno) passò sicuramente alla storia per l’estrema durezza dei suoi percorsi, tant’è che su 273 partenti solo 24 arrivarono al traguardo.
Solo poter far parte di questo ristretto manipolo sarebbe stato un grande risultato, ma vincere la classe 175 come fece Bernardino Gualdi rappresentò un successo destinato ad essere ricordato per sempre.
La superiorità di Gualdi e della sua Puch non fu mai messa in discussione e fu coronata dalla conquista del Campionato Italiano, naturalmente classe 175 cc.
Le splendide vittorie di Gualdi non furono gli unici successi della casa austriaca; in occasione degli eventi internazionali si distinsero sia i piloti austriaci che quelli belgi, la cui nazionale capitanata da Joel Robert, dopo aver lasciato la Hercules, venne equipaggiata con le moto di Graz.
Alla contestatissima Sei Giorni americana di Dalton delle 21 moto iscritte, 15 arrivarono al traguardo, conquistando 9 medaglie d’oro, 2 d’argento e 4 di bronzo.
La bella medaglia d’oro di Walter Leitgeb e la sua potentissima 250 fecero sperare in una sua messa in produzione, ma già si respirava aria di smobilitazione e la speranza fu disattesa.
Al consueto incontro di fine stagione, il Salone del Motociclo di Milano, vennero proposti solo tre modelli, il 125 da 21,5 cv e il 175 da 24 cv, entrambi con un nuovo telaio dal baricentro abbassato, mozzi conici e cerchi in lega, nonché il nuovissimo 50 sei marce da 10 cv.

 

 

 

 

 

 

 

Storia

Comperata da un cugino di Ivan Brodini nel 1980

E' targata

Non ha libretto radiata